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gl ingegni supremi, che sorgono di tempo in tempo,
quando uno quando altro, quasi miracoli di natura. Io
per lo contrario stimo che esso debba agl ingegni ordi-
nari il più, agli straordinari pochissimo. Uno di questi,
ponghiamo, fornito che egli ha colla dottrina lo spazio
delle conoscenze de suoi contemporanei, procede nel
sapere, per dir così, dieci passi più innanzi. Ma gli altri
uomini, non solo non si dispongono a seguitarlo, anzi il
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più delle volte, per tacere il peggio, si ridono del suo
progresso. Intanto molti ingegni mediocri, forse in parte
aiutandosi dei pensieri e delle scoperte di quel sommo,
ma principalmente per mezzo degli studi propri, fanno
congiuntamente un passo; nel che per la brevità dello
spazio, cioè per la poca novità delle sentenze, ed anche
per la moltitudine di quelli che ne sono autori, in capo
di qualche anno, sono seguitati universalmente. Così,
procedendo, giusta il consueto, a poco a poco, e per
opera ed esempio di altri intelletti mediocri, gli uomini
compiono finalmente il decimo passo; e le sentenze di
quel sommo sono comunemente accettate per vere in
tutte le nazioni civili. Ma esso, già spento da gran tem-
po, non acquista pure per tal successo una tarda e in-
tempestiva riputazione; parte per essere già mancata la
sua memoria, o perché l opinione ingiusta avuta di lui
mentre visse, confermata dalla lunga consuetudine, pre-
vale a ogni altro rispetto; parte perché gli uomini non
sono venuti a questo grado di cognizioni per opera sua;
e parte perché già nel sapere gli sono uguali, presto lo
sormonteranno, e forse gli sono superiori anche al pre-
sente, per essersi potute colla lunghezza del tempo di-
mostrare e dichiarare meglio le verità immaginate da lui,
ridurre le sue congetture a certezza, dare ordine e forma
migliore a suoi trovati, e quasi maturarli. Se non che
forse qualcuno degli studiosi, riandando le memorie dei
tempi addietro, considerate le opinioni di quel grande, e
messe a riscontro con quelle de suoi posteri, si avvede
come e quanto egli precorresse il genere umano, e gli
porge alcune lodi, che levano poco romore, e vanno pre-
sto in dimenticanza.
Se bene il progresso del sapere umano, come il cadere
dei gravi, acquista di momento in momento, maggiore
celerità; nondimeno egli è molto difficile ad avvenire
che una medesima generazione d uomini muti sentenza,
o conosca gli errori propri, in guisa, che ella creda oggi il
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contrario di quel che credette in altro tempo. Bensì pre-
para tali mezzi alla susseguente, che questa poi conosce
e crede in molte cose il contrario di quella. Ma come
niuno sente il perpetuo moto che ci trasporta in giro in-
sieme colla terra, così l universale degli uomini non si
avvede del continuo procedere che fanno le sue cono-
scenze, né dell assiduo variare de suoi giudizi. E mai
non muta opinione in maniera, che egli si creda di mu-
tarla. Ma certo non potrebbe fare di non crederlo e di
non avvedersene, ogni volta che egli abbracciasse subi-
tamente una sentenza molto aliena da quelle tenute or
ora. Per tanto, niuna verità così fatta, salvo che non cada
sotto ai sensi, sarà mai creduta comunemente dai con-
temporanei del primo che la conobbe.
capitolo nono
Facciamo che superato ogni ostacolo, aiutato il valore
dalla fortuna, abbi conseguito in fatti, non pur celebrità,
ma gloria, e non dopo morte ma in vita. Veggiamo che
frutto ne ritrarrai. Primieramente quel desiderio degli
uomini di vederti e conoscerti di persona, quell essere
mostrato a dito quell onore e quella riverenza significata
dai presenti cogli atti e colle parole, nelle quali cose con-
siste la massima utilità di questa gloria che nasce dagli
scritti, parrebbe che più facilmente ti dovessero interve-
nire nelle città piccole, che nelle grandi; dove gli occhi e
gli animi sono distratti e rapiti parte dalla potenza, parte
dalla ricchezza, in ultimo dalle arti che servono all in-
trattenimento e alla giocondità della vita inutile. Ma co-
me le città piccole mancano per lo più di mezzi e di sus-
sidi onde altri venga all eccellenza nelle lettere e nelle
dottrine; e come tutto il raro e il pregevole concorre e si
aduna nelle città grandi; perciò le piccole, di rado abita-
te dai dotti, e prive ordinariamente di buoni studi, so-
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gliono tenere tanto basso conto, non solo della dottrina
e della sapienza, ma della stessa fama che alcuno si ha
procacciata con questi mezzi, che l una e l altre in quei
luoghi non sono pur materia d invidia. E se per caso
qualche persona riguardevole o anche straordinaria
d ingegno e di studi, si trova abitare in luogo piccolo;
l esservi al tutto unica, non tanto non le accresce pregio,
ma le nuoce in modo, spesse volte, quando anche famo-
sa al di fuori, ella è, nella consuetudine di quegli uomini,
la più negletta e oscura persona del luogo. Come là dove
l oro e l argento fossero ignoti e senza pregio, chiunque
essendo privo di ogni altro avere, abbondasse di questi
metalli, non sarebbe più ricco degli altri, anzi poverissi-
mo, e per tale avuto; così là dove l ingegno e la dottrina
non si conoscono, e non conosciuti non si apprezzano,
quivi se pur vi ha qualcuno che ne abbondi, questi non
ha facoltà di soprastare agli altri, e quando non abbia al-
tri beni, è tenuto a vile. E tanto egli è lungi da potere es-
sere onorato in simili luoghi, che bene spesso egli vi è ri-
putato maggiore che non è in fatti, né perciò tenuto in
alcuna stima. Al tempo che, giovanetto, io mi riduceva
talvolta nel mio piccolo Bosisio; conosciutosi per la terra
ch io soleva attendere agli studi, e mi esercitava alcun
poco nello scrivere; i terrazzani mi riputavano poeta, fi-
losofo, fisico, matematico, medico, legista, teologo e pe-
rito di tutte le lingue del mondo; e m interrogavano,
senza fare una menoma differenza, sopra qualunque
punto di qual si sia disciplina o favella intervenisse per
alcun accidente nel ragionare. E non per questa loro
opinione mi stimavano da molto; anzi mi credevano mi-
nore assai di tutti gli uomini dotti degli altri luoghi. Ma
se io li lasciava venire in dubbio che la mia dottrina fos-
se pure un poco meno smisurata che essi non pensava-
no, io scadeva ancora moltissimo nel loro concetto, e
all ultimo si persuadevano che essa mia dottrina non si
stendesse niente più che la loro.
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Nelle città grandi, quanti ostacoli si frappongano, sic-
come all acquisto della gloria, così a poter godere il frut-
to dell acquistata, non ti sarà difficile a giudicare dalle
cose dette alquanto innanzi. Ora aggiungo, che quantun-
que nessuna fama sia più difficile a meritare, che quella
di egregio poeta o di scrittore ameno o di filosofo, alle
quali tu miri principalmente, nessuna con tutto questo
riesce meno fruttuosa a chi la possiede. Non ti sono igno-
te le querele perpetue, gli antichi e i moderni esempi,
della povertà e delle sventure de poeti sommi. In Ome-
ro, tutto (per così dire) è vago e leggiadramente indefini-
to, siccome nella poesia, così nella persona; di cui la pa-
tria, la vita, ogni cosa, è come un arcano impenetrabile
agli uomini. Solo, in tanta incertezza e ignoranza, si ha da
una costantissima tradizione, che Omero fu povero e in-
felice: quasi che la fama e la memoria dei secoli non ab-
bia voluto lasciar luogo a dubitare che la fortuna degli al-
tri poeti eccellenti non fosse comune al principe della
poesia. Ma lasciando degli altri beni, e dicendo solo
dell onore, nessuna fama nell uso della vita suol essere
meno onorevole, e meno utile a esser tenuto da più degli
altri, che sieno le specificate or ora. O che la moltitudine
delle persone che le ottengono senza merito, e la stessa
immensa difficoltà di meritarle, tolgano pregio e fede a
tali riputazioni; o piuttosto perché quasi tutti gli uomini [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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