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Matteo figlio dello cancellieri, Lubertiello figlio dello
conte Vertollo, moiti aitri. Non voglio lassare lo muodo
che servao lo tribuno dello profietto nanti la sconfitta.
Lo tribuno mannao per lo profietto. Lo profietto volen-
no obedire venne con ciento cavalieri per essere alla vat-
taglia in servizio de Romani. Da XV baronetti de Tosca-
na aveva con seco menati. Anco avea menato sio figlio
Francesco. Quella fu la prima voita que arme portao.
Denanti a sé mannao cinqueciento some de grano per
grascia, como se conveo a profietto. Erase sforzato de
compiacere a Romani. Como fu ionto, fu invitato a
pranzo. Sedenno, li fu tuoito le arme a si e alli suoi com-
pagni. Puoi fu messo in presone esso e·llo figlio. Lo ar-
nese e·lli cavalli li fu tuoito e dati per Romani. E fece
uno parlamento lo tribuno allo puopolo, nello quale dis-
se lo tribuno: «Non ve maravigliate che io tengo in pre-
sone lo profietto, ca esso era venuto per ferire da costa e
per sconfiere lo puopolo de Roma». Ora torno alla vat-
taglia. Colonnesi se muossero con granne esfuorzo da
Monimento dalla mesa notte e connusserose allo muni-
stero de Santo Lorienzo fòra le mura. Era lo tiempo ren-
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Anonimo romano - Cronica: Vita di Cola di Rienzo
crescevile per la piovia e per lo aspero freddo. Adunaro-
se li baroni, Stefano della Colonna, Ianni sio figlio, Pie-
tro de Agabito, lo quale era stato prepuosto de Marzilia,
signore de Iennazzano, missore Iordano de Marini, Cola
de Buccio de Braccia, Sciarretta della Colonna e moiti
aitri. Vennero a consiglio de que devessino fare, perché
Stefano era infestato da un vomaco e tremava como
fronne. Pietro de Agabito, essenno un poco affannato,
sonnato se aveva de vedere la soa donna vedova che pia-
gneva e sciliavase. Per paura de tale suonno se voleva da
l oste assentare. Non se voleva trovare alla rotta. Anco
odivano sonare la campana a stormo. Sapevano che lo
puopolo forte irato era e corocciato. Anco perché Stefa-
no della Colonna, capitanio de tutta l oste generale, co-
mo ionze là denanti a tutti, la prima cosa, solo con un
fante, a cavallo a un palafreno ne gìo alla porta de Roma
e comenzao a chiamare ad aita voce la guardia a nome.
Pregava che operissi la porta. Adduceva queste rascioni:
«Io so citatino de Roma. Voglio a casa mea tornare.
Vengo per lo buono stato». Portava lo confallone della
Chiesia e dello puopolo. A queste paravole respuse la
guardia della porta Pavolo Bussa avea nome lo buono
valestrieri e disse: «Quella guardia che chiamate qua
non stao. Le guardie so mutate. Io so venuto de nuovo
qua con miei compagni. Voi non potete entrare qua per
via alcuna. La porta ène inzerrata. Non conoscete quan-
ta ira hane lo puopolo de voi che turbate lo buono sta-
to? Non odite la campana? Pregove per Dio, partiteve.
Non vogliate essere a tanto male. In segno che voi non
pozzate entrare ecco che ietto la chiave de fòra». Iettao
la chiave, e cadde in una pescolla d acqua la quale staie-
va de fòra per lo malo tiempo che era. Quanno li baroni,
staienno in consiglio, avessino recitate tutte queste cose,
bene viddero che entrare non potevano. Deliveraro de
partirese ad onore, fatte tre schiere, ordinati venire fi al-
la porta denanti de Roma, le sonante tromme e aitri in-
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Anonimo romano - Cronica: Vita di Cola di Rienzo
strumenti, e dare la voita a mano ritta, tornare a casa con
granne onore. Così fu fatto. Ià ne erano venute doi vat-
taglie, la prima e·lla secunna, sì della pedonaglia sì della
cavallaria. Petruccio Fraiapane fu lo connuttore. Sonate
le tromme alla porta, diero la voita a mano ritta e senza
lesione alcuna tornaro. Ora ne veniva la terza schiera. In
questa era la moititudine della cavallaria, erance la nobi-
le iente, eranonce li prodi e bene a cavallo e tutta la for-
tezza. Uno vanno fu nanti messo, che nullo ferisse sotto
pena dello pede. Li primi feritori fuoro da otto nuobili
baroni, fra li quali fu lo desventurato Ianni Colonna.
Questi nuobili primi feritori nanti ivano ad onne moiti-
tudine uno buono spazio. Era allora l alva dello dìe. Li
Romani drento dalla porta, non avenno la chiave, per
forza opierzero la porta per iessire alla varatta. Granne
romore fao lo ferire delle accette. Granne ène la confu-
sione dello strillare. La porta ritta fu operta, la manca
remase enzerrata. Ianni Colonna, approssimannosi alla
porta, considerao lo romore drento, considerao lo non
ordinato aperire, estimao che suoi amici avessino muos-
so drento romore e che avessino rotta la porta per forza.
Questo considerato Ianni Colonna sùbito se imbraccia
lo pavesotto con una lancia alla cossa, speronao lo sio
destriero. Adorno como barone, forte currenno non se
retenne, entrao la porta della citate. Deh, como granne
paura fece allo puopolo! Allora denanti a esso deo la
voita a finire tutta la cavallaria de Roma. Similemente
tornao a reto tutto lo puopolo fuienno quasi per spazio
de mesa valestrata. Non per tanto questo Ianni Colonna
fu sequitato dalli suoi amatori, anco remase solo là como
fussi chiamato allo iudicio. Allora Romani presero vigo-
re intennenno che esso era solo. Anco fu più la soa desa-
ventura. Lo destrieri lo trasportao in una grotta poco
più de·llà dalla porta, dallo lato manco entranno la por-
ta. In quella grotta fu scavalcato da cavallo e, conoscen-
no sia desaventura, domannava allo puopolo misericor-
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Anonimo romano - Cronica: Vita di Cola di Rienzo
dia e adiurava per Dio che soie armature no·lli dispo-
gliassino. Que vaio più dicenno? Là fu denudato e, da-
toli tre ferute, morìo. Fonneruglia de Treio fu lo primo
che lo colpiao. Iovine era de bona industria, varva non
avea messa. La soa fama sonava per onne terra de vertu-
te e de gloria. Iace nudo, supino, feruto, muorto, in uno
monteruozzo canto allo muro della citate drento dalla
porta. Erano suoi capelli caricati de loto. A pena se po-
teva conoscere. Ora vedi maraviglia! Incontinente lo
tiempo pestilenziale, turvato, se comenzao a reschiarare.
Lo sole daieva lucienti raii. De tiempo caliginoso fu fat-
to sereno e alegro. Intanto Stefano della Colonna in tan-
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